Quanto scritto in questo articolo, prende a riferimento il caso napoletano per portare il lettore ad una riflessione più generale su quanto ci sia bisogno di ringraziare gli autisti di tutte le aziende di trasporto che stanno continuando a lavorare in questi ultimi giorni di pandemia piena, nonostante tutte le considerazioni igieniche, economiche, sociali e di altra natura che si possano fare in merito.
Alla notizia (11 Marzo 2020) che alcune autolinee di servizio residuale coprenti singoli quartieri o aree sub-municipali sarebbero state sospese dal 12 Marzo, molta gente si è lamentata del provvedimento preso.
Il provvedimento è stato preso poiché le caratteristiche stradali non permettono l’esercizio di tali linee se non con “minibus”, cui le caratteristiche tecniche non consentono di attuare una delle recenti disposizioni di sicurezza: il divieto di uso degli ingressi anteriori, non mantenendo infatti il metro minimo dalla cabina di guida; tale disposizione è stata presa poiché il conducente (perno del tpl), se contagiato, può veicolare il Coronavirus alla clientela ma anche agli altri lavoratori aziendali.
Grandissima premessa. L’ANM in passato non si è dimostrata una santa, soprattutto verso i clienti-viaggiatori: infatti, sulle pagine di cronaca è stata ripresa per i più diversi motivi, inclusa l’igiene che in questo momento storico è più che mai sentita. Tuttavia, è indubbio che mai come ora si stanno adottando misure adeguate, incluso l’aspetto igienico-sanitario e la relativa sicurezza, da parte dell’azienda tutta: scorrendo i posts fino ad inizio Marzo della pagina Facebook aziendale, ci si può rendere facilmente conto.
Tale adozione di misure costituisce il motivo per cui, pur volendo comprendere la rabbia della gente finora peri comportamenti aziendali passati e l’incredulità nel constatarne il cambio comportamentale, non è però più possibile comprendere la manifestazione di tali sentimenti: ciò perché, al netto delle considerazioni suddette, si fa presente che le 3.000 persone in ANM stanno lavorando con la prospettiva, salvo misura straordinaria governativa ad hoc, di rimetterci economicamente.
Questi lavoratori, quindi, si stanno abnegando, a maggior ragione che il margine di guadagno (perlopiù da bigliettazione, ora pressoché nulla) è inferiore ai costi fissi che un’azienda del genere si ritrova sostenere.
Molti però non riescono ad aprire gli occhi e fare considerazioni a posteriori su un evento improvviso, motivo per cui se anche ci fosse stato un benché minimo cenno di ripresa societaria era impossibile che si manifestasse ora: va bene rapportarsi alla storia di un’azienda per carpirne la natura, ma si rammenti la premessa fatta.
Volendosi attenere al frangente e all’azienda, si rettifica: per quanto si possa essere abituati a pensare ed agire così, come si può adesso arrivare a scaricare le responsabilità sempre e comunque, senza riconoscere il sacrificio che i lavoratori stanno compiendo e negandogli il ringraziamento dovuto? Verso i lavoratori, ora come ora, appare ingiusto: per quanti “parassiti” (presunti e non) possano esserci, e se anche continuassero a risultare tali, non vanno scherniti tutti.
Si ricordi, infine, che la categoria lavoratrice in questione, non solo è la più esposta e colpita dai provvedimenti in adozione, ma è anche la stessa che in tempi ordinari fa un lavoro fisico, faticoso, che può non avere differenza tra turno feriale e festivo; che va effettuato con ogni meteo; un lavoro che prevede una relazione con migliaia di persone al giorno perlopiù nervose; un lavoro per cui spesso non si ricorre a scioperi per senso di comunità, pur sapendo che in tempi di crisi dovrà “tirare la cinghia”.
Questa categoria, pertanto, andrebbe ringraziata di per sé: ma spesso tra la frenesia del mondo moderno, la perdita di buon costume, la sfiducia sociale generale, la paura di rapportarsi con malintenzionati, la rabbia di aver perso tempo ed occasioni per un bus perso o un treno mai partito, ci siamo disabituati a ringraziare quando tale categoria se lo meritava; qui si invita a non perpetrare l’errore.
Tutte le aziende del settore stanno infatti, alla luce di tutto ciò, operando in garanzia di un servizio sì considerato essenziale ma non scontato; questa gente va dunque ringraziata, secondo l’umile parere di chi scrive.
Che poi si debba mantenere alta la guardia sull’ambito igienico-sanitario anche nel post-emergenza è indubbio, ma non si facciano processi alle intenzioni a priori: è ovvio che, anche al termine della pandemia, la gente sarà traumatizzata come per una guerra mondiale.
Per far ripartire l’economia è necessario fidelizzare la clientela sotto tale aspetto; ma qui si prega di attenersi al presente e si rivolge un’ultima volta un caloroso “Grazie” a questo mondo lavorativo.