Specie nelle grandi città le amministrazioni pubbliche incontrano grandi difficoltà a mantenere gli spazi e il decoro pubblico. Una città funzionale e ordinata agli occhi di un cittadino passa soprattutto da questi due fattori, che al loro interno racchiudono attività di programmazione, progettazione, costanza e disponibilità di fondi.
Spostandoci più in periferia, è possibile assistere però a casi di buona gestione degli spazi pubblici (almeno nell’apparenza) a opera di collaborazioni pubblico-private. Un tema, quello del privato, che ha spesso animato il dibattito sulla gestione di svariati servizi a carico oggi interamente del pubblico.
Durante quest’estate ho avuto modo di soggiornare qualche giorno in una piccola realtà nel litorale laziale, Marina di San Nicola. Sebbene il nome posso trarre in inganno, non si tratta di una contrada a mare del paese di San Nicola (che non esiste), bensì è il nome di un comprensorio, nato negli anni 60 su un’area di 120 ettari.
L’intera zona è veramente ben curata, con strade alberate, parchi giochi pubblici, prati, passaggi e percorsi pedonali in tutte le strade, verde curato e un piccolo lungomare a misura d’uomo. Si effettua regolarmente la raccolta differenziata e ogni giorno il servizio di spazzamento delle strade entra in funzione. Nessun viale gigantestesco, spazi inutili o inutilizzati. Parlando con alcuni residenti ho appreso che l’intera zona è gestita da un consorzio, che tra le altre cose gestisce (e bene) anche l’apertura e la manutenzione delle piscine presenti all’interno di alcuni residence.
Incuriosito, mi sono documentato su questa realtà. Prima però mi piace riportare qualche immagine che non rende appieno l’ordine e l’accuratezza di uno spazio dove sembra non mancare nulla: dalle piste cilabili, ai percorsi per non vedenti, ai pass per i residenti con tanto di colonnine elettroniche, alla segnaletica orizzontale e verticale.
Cos’è e coma funziona questo consorzio?
Stralcio dal loro sito le parti più interessanti, che credo possano trovare delle analogie con altri luoghi italiani.
“Nacque verso la metà degli anni ‘60 come lottizzazione convenzionata su progetto dei proprietari dell’area, principi Odescalchi, e su delibera del Comune, allora di Cerveteri.
I nobili lottizzatori, dopo la stipula dell’atto dì convenzione, costituirono un “Consorzio” tra i proprietari, acquirenti dei lotti di terreno, per la gestione a proprie spese dei servizi (acqua e illuminazione pubblica), per la manutenzione delle strade e del verde e per quant’altro d’interesse comune.”
[…] Prese il via, dunque, da quella zona fino ad allora paludosa a confine con il Comune di Roma, una delle più belle realtà della costa laziale. Nel 1970, con il passaggio di consegne da Cerveteri al neonato Comune di Ladispoli, Marina di S. Nicola entrò a far parte dell’entourage della “Città di Ladislao” (Ladispoli appunto), di cui divenne presto, e senza ombra di dubbio, il “fiore all’occhiello”.
Nel corso di questi trent’anni, la lottizzazione è giunta al completamento dapprima delle opere di urbanizzazione a cura e spese degli stessi Odescalchi, poi della edificazione dei lotti, se si escludono due zone – ancora dì proprietà dei principi – sulle quali però insiste un vincolo archeologico di inedificabilità apposto dalla competente Soprintendenza archeologica per l’Etruria meridionale.
[…] il Consorzio, al fine di garantire una maggiore serenità ai propri consociati, ha installato un sofisticato impianto di video-sorveglianza del territorio 24 ore su 24, integrato da un servizio di pattugliamento nelle ore notturne.
…
Marina di San Nicola conta circa 1.500 abitanti durante tutto l’anno, ma la vocazione prettamente estiva le fa raggiungere quota 12.000 presenze durante la stagione calda. Insomma, un quartiere di una città metropolitana . Interessante registrare come pubblico e privato abbiano scambiato i ruoli, dividendosi gli oneri a fronte di agevolazioni che, sotto la guida attenta dell’ente pubblico, ha consentito la nascita e la crescita di una bellissima realtà.
Ci domandiamo quindi se questi episodi di gestione decentralizzata dei servizi non siano ripercorribili nelle nostre città, nei nostri quartieri, laddove la pubblica amministrazione non arriva. Ci chiediamo se in questa era storica non sia utile fare un tentativo nel riproporre modelli simili dove il privato ha tutto l’interesse di garantire un servizio a lui affidato, pena la sua stessa sopravvivenza, sotto la regia attenta ed oculata della PA locale.
Assistiamo ormai da anni a delle forme di autogestione dei quartieri piu’ o meno coordinate. Comitati cittadini si uniscono e tentano di risolvere ove possibile le inadempienze assurde della pubblica amministrazione.
E’ evidente che nella nostra citta’ i servizi erogati sono a dir poco disastrosi:
– AMAT, RESET, RAP sono societa’ partecipate al 100% dal Comune, totalmente allo sbando, male amministrate, zeppe di personale nullafacente o management incapace e dal cv a dir poco inadeguato.
Non mi pronuncio su altre partecipate, come quelle dedite ai servizi idrici o all’illuminazione. Di certo e’ che peggio di cosi’ non si puo’ fare, e il discorso credo possa essere esteso a livello nazionale (vedi l’ATAC a Roma ad esempio).
Io sarei per la totale privatizzazione dei servizi, con comitati di quartiere a vigilare l’operato, da riportare poi al Comune che avra’ il compito di fornire un secondo grado di supervisione ed eventuale recedere gli appalti e indirne nuovi.
Mah, ricorda un po’ il villaggio finto di Truman Show…
Tralasciando l’aspetto estetico, il focus è sulla gestione.