Nelle città la tracciabilità delle persone tramite i dati trasmessi dai cellulari, il controllo degli spazi pubblici e privati attraverso telecamere di sorveglianza e la raccolta di dati sono considerati utili strumenti per la realizzazione della cosiddetta “Smart City”.
L’“impronta urbana” che le persone imprimono nella città in modo virtuale, stabilisce anche un cambiamento dell’utilizzo dello spazio reale. Le normative stringenti che richiedono l’identificazione per l’acquisto di un cellulare o di una sim telefonica sono spesso necessarie per prevenire un utilizzo improprio, oltre ad essere utilizzate per fini commerciali e di ricerca. Così la città è diventata un luogo dove è difficile essere invisibili.
Una città connessa e controllata tramite la tecnologia può migliorare la vita dei cittadini, ma quali sono i vantaggi per la comunità? Quanto è inclusivo questo miglioramento e come si può evolvere?
Il Dipartimento di Geografia dell’Università di Innsbruck ha effettuato una ricerca sulla vita dei migranti che arrivano a Bogotà, facendo emergere un risultato interessante: dopo un anno i migranti che potevano contare sull’accesso alla tecnologia digitale e a internet si erano integrati meglio al quartiere.
L’integrazione digitale può avere risvolti sociali, così come i quartieri delle città sono intrinsecamente “social network”, come teorizzato nel testo sempre attuale “The Death and Life of Great American Cities” pubblicato nel 1961 Jane Jacobs: secondo l’attivista e urbanista gli spazi pubblici e i marciapiedi creano una rete sociale tra le persone di un quartiere.
Oggi la tecnologia digitale crea una serie di nuove opportunità per connettere la gente del quartiere attraverso “marciapiedi digitali” parallelamente ai marciapiedi reali. Con uno smartphone e Google Maps è possibile scoprire come la propria casa si collega all’isolato e come il proprio isolato si collega allo spazio fisico della città: queste connessioni consentono ai cittadini di assumere un ruolo maggiore nella vita sociale, amministrativa ed economica.
L’infrastruttura sociale sembra andare al passo con l’infrastruttura digitale, ma forse ancora manca un aspetto nella progettazione di città intelligenti che riguarda la partecipazione dei cittadini. I ricercatori del “Centre for Big Open and Linked Data”, con sede nei Paesi Bassi, esaminando i big data delle città, hanno testato il livello di partecipazione pubblica, mettendo in evidenza che proprio la raccolta dati dovrebbe essere una questione sociale piuttosto che una responsabilità individuale. Il coinvolgimento dei cittadini nella pianificazione urbana consentirebbe di giungere a progetti più vicini alle reali esigenze della comunità e più utili al processo di trasformazione della città.