Stress da città: la progettazione sostenibile come unica terapia

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Vivere in una città può apparire una grande comodità. Disporre di un lavoro a distanza ridotta, trasporti pubblici e più veloci, negozi e servizi sempre aperti. É evidentemente il pensiero più comune nella popolazione mondiale, dato che entro il 2050 gli studi prevedono che due persone su tre vivrà proprio in città.

Tuttavia lo stress da città non è un problema di poco conto  dato che, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sintomi depressivi e disturbi da stress affligge circa 300 milioni di persone nel mondo. É facilmente intuitivo immaginare come il controllo dell’esponenziale crescita degli agglomerati urbani, in cui i ritmi frenetici la fanno da padrona, è e sarà un fattore determinante nel controllo di questa patologia.

A suffragare questa tendenza vi sono diversi studi scientifici, come quello di un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Salute Psichica dell’Università di Mannheim che ha approfondito lo stretto legame tra l’aumento dello stress e la vita “in città” su un campione di 50 volontari provenienti da zone extra urbane e pressochè rurali. L’osservatorio di progetto ha registrato in tutti i partecipanti le più comuni reazioni “da stress” come aumento del battito cardiaco, della salivazione e della pressione.

La reazione più indicativa è legata alla corteccia anteriore, quella responsabile delle emozioni negative, sollecitata maggiormente da rumori, sovraffollamento, inquinamento e più in generale dalle relazioni sociali. Un riscontro generale sul problema che negli ultimi anni si può riscontrare anche nel ricorso sempre crescente a rimedi come la terapia virtuale, lo yoga, la pet therapy, etc.

Un’altra fonte come il Guardian cita altri studi, che tra le misure anestetiche del problema annoverano la densità abitativa di una città e lo status economico. La disponibilità economica di un individuo infatti può garantire quartieri e spazi abitativi migliori. Più in generale tale informazione fornisce un’indicazione molto rilevante sull’importanza della progettazione urbanistica degli spazi urbani e sul rispetto degli standard urbanistici.

In Italia, lo ricordiamo, il decreto 1444/1968 ha individuato le quantità minime di spazi pubblici o di uso pubblico espresse in metri quadrati per abitanti, che devono essere riservate nei piani, sia generali che attuativi.

Per le attrezzature d’interesse locale (scuole, verde, parchi,  etc.) accessibili dagli utenti con percorsi pedonali o comunque superabili in archi di tempo brevi), o di quartiere, il decreto stabilisce che ogni cittadino ha diritto ad un minimo di 18 mq di
spazio pubblico. Per le attrezzature di livello territoriale il decreto stabilisce la necessità di un’ulteriore dotazione di 15 mq di parchi territoriali, 1,5 mq per attrezzature ospedaliere e 1 mq per l’istruzione di livello superiore.

La crescita incontrollata  di gran parte dei centri urbani italiani a partire dagli anni 70 ha diffusamente vanificato le previsioni di tale disposizione. Tuttavia, una lenta riscoperta del tema ambientale e della sostenibilità nella vita della città sta determinando un cambio di rotta che lascia intravedere una piccola luce in fonda al tunnel. Ne sono esempio alcune recenti progettazioni, come il nuovo quartiere SeiMilano, che trasformerà un’intera area dell’area metropolitana milanese in un luogo unico, caratterizzato da elevati standard di sostenibilità ambientale e tecnologica.

Oltre 300.000 mq in cui economia circolare, innovazione, edilizia 4.0, infrastrutture smart e connettività concorreranno a soddisfare i 17 Obiettivi Globali per lo Sviluppo Sostenibile (The Global Goals). Le previsioni indicano il 2022 come anno del taglio del nastro.

La soluzione allo stress? Probabilmente sembrerebbe immediato ricorrere alla fuga in campagna come panacea di tutti i problemi. Ma non è sempre così: in primis non tutti possono permetterselo, per lo stile di vita avviato, il lavoro e gli affetti. Poi, diciamolo chiaramente, una larga frangia di popolazione non riesce a fare a meno della vita metropolitana. Quindi occorre sperare in una maggiore diffusione della progettazione virtuosa, oggi ancora troppo episodica, affinchè gli agglomerati urbani divengano sempre più a misura d’uomo.

Photo: Seimilano.com

 

 

 

 

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