La Procura di Milano chiede il fallimento di Tirrenia-CIN

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La Procura di Milano ha depositato al Tribunale istanza di fallimento nei confronti di Tirrenia-CIN, la Compagnia Italiana di Navigazione del gruppo Onorato.

La richiesta è stata avanzata dal pm Roberto Fontana nell’udienza fissata questa mattina sulla base dell’articolo 162 delle legge fallimentare che regola l’‘inammissibilità della proposta’ del piano di ristrutturazione che CIN aveva annunciato di voler presentare.

Il pm non si è opposto a un rinvio, in tempi contenuti, dell’udienza in merito alla richiesta di fallimento, che è stata quindi fissata dal tribunale meneghino al prossimo 6 maggio, mentre la società, a quanto si è saputo, punta nel frattempo su un accordo di ristrutturazione del debito. I pm hanno indicato un passivo della società di circa 200 milioni e debiti scaduti per circa 350-400 milioni, di cui 180 nei confronti dell’amministrazione straordinaria dell’ex Tirrenia.

A chiedere il fallimento infatti sarebbero potuti essere due attori della procedura: la Procura o anche uno solo dei creditori insoddisfatti, fra cui appunto i commissari di Tirrenia in Amministrazione Straordinaria.

Questi ultimi però non hanno avanzato alcuna richiesta di questo genere, mentre lo ha fatto la prima, che non avrebbe potuto muoversi diversamente visti i numeri snocciolati dai pm. Pm che però non si sono opposti alla decisione del Tribunale di spostare al 6 maggio l’udienza di merito, mentre il collegio ha ritenuto inammissibile la richiesta dei legali della compagnia di ottenere una ulteriore proroga della procedura di concordato ‘in bianco’.

Nonostante questo, di fatto da oggi Tirrenia-CIN ha altre 3 settimane di tempo per giungere finalmente ad un’intesa con i commissari della ‘bad company’ rimasta nelle mani dello Stato. Se l’obiettivo dovesse essere centrato, il 6 maggio i giudici potrebbero respingere l’istanza di fallimento della Procura, probabilmente con il benestare di quest’ultima. Altrimenti per Vincenzo Onorato e la sua compagnia sarebbe notte fonda.

L’armatore è intenzionato però a giocarsi tutte le carte a disposizione, a partire dal fatto che, con la soluzione prospettata, la società garantirebbe, secondo quanto ricostruito, “il pagamento dell’80% del credito che da chirografario verrebbe elevato a privilegiato con ipoteche di primo grado e garantirebbe la piena occupazione del personale navigante anche in assenza del rinnovo della convenzione ed il proseguo del piano di ammodernamento della flotta del gruppo.

Soluzioni diverse comporterebbero il recupero del credito fra il 17% ed il 26% e seri rischi sui collegamenti marittimi e sul personale marittimo”.

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