In seguito al dibattito avvenuto all’evento “Verso Gli Stati Generali della Mobilità Nuova 2017“, vi proponiamo un approfondimento da parte di uno dei relatori intervenuti. Crediamo sia utile dare seguito alle analisi sui temi a noi cari, così da poterle condividere anche con chi non è potuto essere presente a Pesaro.
Buona lettura!
Per molti anni, negli ultimi quindici con particolare forza, chi aveva raggiunto la consapevolezza che fosse necessario puntare a nuovi stili di vita, a equilibri socio economici basati su meno consumo e più sostenibilità, si è impegnato in particolar modo, e talora soprattutto, nella diffusione culturale dei propri convincimenti, in un lavoro di proselitismo certamente essenziale. La parola sostenibilità ancora alla fine degli anni Novanta del XX secolo era conosciuta ed utilizzata da minoranze, per altro non sempre coese, mentre oggi è un patrimonio oggettivamente maggioritario. Potremmo affermare, senza timore di essere smentiti, che la battaglia culturale è vinta, non solo nella cosiddetta società civile, ma anche a livello di molte istituzioni che contano, magari più in una dimensione europea che nazionale, e non abbiamo dubbi che la direzione dove si sta andando sul versante di molte nuove normative approvate o in via di approvazione è quella che avevamo auspicato.
Dobbiamo essere soddisfatti di aver contribuito a raggiungere questi risultati e nello stesso tempo ben consapevoli che le contraddizioni restano, che una maggioranza sul piano culturale non si traduce automaticamente in una società normata e organizzata secondo quei convincimenti, che nessun obiettivo raggiunto è consolidato per sempre: che occorre, come si suole dire, non abbassare la guardia. E, per quanto ci riguarda, che sostenibilità e responsabilità non sono la stessa cosa: per chi come Aitr e Terre di mezzo, ha posto l’accento sulla responsabilità, molta strada deve ancora essere fatta.
Per noi infatti il turismo responsabile “è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio”.
Il turismo sui cammini rappresenta un vero e proprio paradigma di turismo responsabile e non solo sostenibile, e ce lo dimostra un dato oggettivo: non tutti i cammini sono di successo, nel senso di essere camminati con una presenza crescente di viandanti che dura nel tempo. La nostra esperienza ci dice che questo avviene quando un cammino ha un senso (non è solo un tratto di strada che collega dei luoghi) e quando le comunità che vivono nei territori attraversati da un percorso lo sentono come proprio, si organizzano per valorizzarlo, ne diventano i primi promotori, sono motivati ad accogliere, ospitare e incontrare chi li raggiunge, ovvero diventano consapevoli dell’opportunità di sviluppo sociale ed economico che il cammino rappresenta.
I viandanti di oggi, d’altra parte, sono nella stragrande maggioranza consapevoli che privilegiano quel tipo di vacanza o di uso del tempo libero non a caso e che al piacere soggettivo del camminare si sommano benefici altri, reciproci, con le persone e i luoghi che decidono di visitare, o meglio di avvicinare. Sono la grande platea dei consumatori consapevoli, coloro che, con una felice locuzione, Carlin Petrini ha esortato a diventare da consumatori a coproduttori. I viandanti diventino allora coabitanti, e le soste a fine tappa non saranno solo il momento del riposo, ma occasione per parlare con le persone, farsi raccontare le vicende del paese da chi le ha vissute, gustare i piatti locali fatti con gli ingredienti di tutti i giorni, dormire e mangiare in piccole strutture, evitando gli stereotipi e le standardizzazioni degli hotel del turismo di massa.
Ecco dunque il denominatore comune, essenziale, da cui partire: la CONSAPEVOLEZZA. Anche chi finora è stato protagonista e promotore dell’evoluzione culturale cui ho fatto cenno inizialmente, deve essere consapevole che la situazione oggi richiede di trovare nuovi e più avanzati obiettivi comuni, per continuare a essere maggioranza e per proseguire nella crescita positiva che abbiamo registrato. Proponiamo tre punti su cui avviare un serio dibattito, nella convinzione che occorra individuare e condividere anche le priorità su cui concentrarci.
- Una comune progettazione e programmazione. Perché è ovvio che occorre trovare e promuovere snodi/svincoli (per usare termini ferroviari o stradali) dove diversi cammini si incrociano per permettere autonome differenziazioni di percorsi, dove i sentieri si incrociano con le piste ciclabili o le ferrovie turistiche o genericamente minori, ma soprattutto dove chi va a piedi o in bicicletta o con altri mezzi a zero emissioni possa iniziare o finire o interrompere il proprio percorso e trovare efficienti mezzi pubblici, meglio se non su gomma, in modo che progressivamente si possa programmare il non uso della macchina privata. Arrivare quindi a una vera e propria rete di mobilità dolce a livello nazionale che sia pianificata per priorità e diffusione sull’intero territorio nazionale.
- L’individuazione di buone pratiche per la gestione dei problemi anche strutturali. Un solo esempio per tutti: sappiamo che senza la manutenzione permanente i sentieri diventano in breve impraticabili e che la manutenzione va dalla messa in sicurezza dei passaggi difficili al taglio dell’erba e dei rovi in primavera. Ripristinare un guado, un ponticello di legno o un tratto di sentiero dopo un fatto franoso deve diventare obbligo di una istituzione pubblica, come avviene normalmente per la rete stradale su asfalto, mentre il taglio dell’erba, ovvero la piccola manutenzione ordinaria, dovrà trovare nella comunità locale una responsabile presa in carico, come per ogni attività locale che promuove il territorio a vantaggio di tutti, coinvolgendo quindi associazioni, Pro Loco, singoli privati. Esempi di buone pratiche sappiamo esserci,spesso numerose, occorre farle emergere, confrontarle e adattarle alle diverse situazioni, perché diventino prassi collettive codificate e consolidate.
- Adottare nuovi parametri di valutazione economica e sociale. L’impatto economico di queste attività non deve essere valutato in assoluto: è del tutto evidente che il turismo delle crociere, o anche solo quello dagli outlet muove numeri in termini di fatturato o di presenze giornaliere enormi, ma quali sono le ricadute effettive sui territori? E soprattutto qual è l’impatto economico di chi va a piedi nei dintorni di Siena o di Roma, rispetto a Norcia o La Verna? Dobbiamo impegnarci perché sia adottato il concetto di rilevanza relativa, codificando come valutare i risultati economici raggiungibili nelle aree marginali del paese, che sono quelle per le quali solo questo tipo di turismo può rappresentare la linea di demarcazione tra l’abbandono dei territori e la rinascita. Pensiamo all’intera dorsale appenninica, non solo alle aree colpite dal terremoto, e a tutti i luoghi che nella nascita e diffusione delle microimprese, ottimali per la gestione delle risposte alle esigenze di questi tipo di turismo, possono trovare un adeguato sviluppo economico per le giovani generazioni.
Infine, occorre partire anche dalla consapevolezza che viviamo in una Paese molto complesso dal punto di vista istituzionale, dove puntare a nuove norme vuol dire, almeno in ambito turistico, pensare sempre contemporaneamente al parlamento nazionale e alle venti assemblee regionali: camminando a piedi attraversiamo continuamente confini nazionali, regionali, provinciali e comunali. Forse non ne abbiamo ora la percezione, ma il tema della coerenza normativa può diventare centrale entro breve tempo. Finora nessuna norma o quasi, quindi quello che si trovava sul territorio era sovente legato al caso, alla fortuna, ma a mano a mano che il fenomeno cresce, che la quantità di praticanti aumenta e quindi si espande la domanda, ed anche la necessità di garantire infrastrutture efficaci, corriamo il rischio di trovarci di fronte a diversità ingestibili, soprattutto per i percorsi di maggiore estensione. Bene sarebbe pensare che la nuova A.MO.DO sin dall’inizio si organizzi per affrontare al meglio questa centrale problematica.
Alberto Dragone, responsabile coordinamento e sviluppo settore percorsi, Terre di mezzo editore, Consigliere nazionale AITR