Ultimamente è balzata agli onori della cronaca cittadina e nazionale la questione dell’intitolazione dello Stadio di Napoli, ormai ex San Paolo, al compianto Diego Armando Maradona.
A seguire, anzi, con anticipo rispetto ai tempi burocratici necessari, è stata rinominata ed intitolata a Diego anche la relativa e vicina stazione in quel di Fuorigrotta: ‘Mostra-Maradona’. Ove per ‘Mostra’ ci si riferisce alla vicina Mostra D’Oltremare, la quale ospita eventi e fiere; naturalmente si è giocato sul fatto che la suddetta stazione dovrebbe ospitare a breve una mostra relativa a Maradona.
A voler essere schizzinosi, le stazioni intitolate a Diego sono state non una, bensì due: una è quella appena citata (parte della Linea 6 della Metro, linea in fase di completamento) dipendente dalla gestione del Comune di Napoli attraverso l’azienda Anm. L’altra, ubicata quasi di fronte, si chiama ‘Mostra – Stadio Maradona’ gestita dalla holding regionale EAV su un’altra linea ed infrastruttura, la ‘Cumana’.
Questo preambolo era necessario per sostenere che la questione del naming delle infrastrutture nella loro genericità (e quindi anche di quelle ferroviarie) è una faccenda seria. Non è solo una questione di folklore ed identità come potrebbe sembrare, ma anche di marketing, turismo ed economia. E questo vale ancor di più a Napoli dove si è tentato di dare impulso al ritardo ed alle carenze della rete ferroviaria con le cosiddette ‘Stazioni dell’arte’.
Nell’area metropolitana di Napoli i nomi delle stazioni traggono ispirazione da tre fonti:
– Geografica ‘macro’: i nomi prendono spunto dai quartieri in cui le stazioni si trovano (Soccavo, Bagnoli, Colli Aminei, San Giovanni Barra,..)
– Geografica ‘micro’: i nomi dipendono dalle vie in cui le stazioni sono localizzate (‘Dante’ in Piazza Dante, ‘Toledo’ in Via Toledo, ‘Garibaldi’ in Piazza Garibaldi,…)
– Sociale-turistica: i nomi fanno riferimento al centro di attrazione più vicino (‘Museo’, ‘Municipio-Porto’, ‘Policlinico’,..)
Inoltre man a mano che ci si allontana dal centro della città verso la periferia, come succede ovunque la capillarità delle rete diminuisce: dall’intitolazione ‘per vie’, si passa a quella ‘per quartieri’, fino ad arrivare a quella ‘per città’ (‘Pozzuoli’, ‘Ercolano’, ‘Torre del Greco’, ‘Pomigliano’).
L’impressione che si ha è però che la toponomastica che regola l’urbanistica ed i trasporti di Napoli non abbia una logica coerente di fondo: non c’è un filo rosso, un criterio omogeneo che tenga assieme tutto (identità, storia, geografia e turismo).
A Napoli da sempre si dibatte se cambiare o no il nome della piazza e della stazione principale della città: Piazza Garibaldi. E’ la stazione col maggiore numero di traffici e scambi intermodali: collega il centro di Napoli con i paesi vesuviani, con i paesi flegrei, con Napoli Nord, Est ed Ovest, con i capoluoghi campani, è base di partenze per le linee regionali, Alta Velocità per i collegamenti nazionali. Insomma, è l’hub regionale e del Mezzogiorno. Quando si arriva, ci si trova di fronte una scritta mastodontica a caratteri cubitali nera su sfondo bianco ‘GARIBALDI’.
Quale fu in questo caso la regola che ha portato ad avere come nome della stazione ‘Garibaldi’ ?
Infatti prima dell’inaugurazione della fermata metro che lì conduceva, circa sei anni fa, la fermata si chiamava soltanto ‘Napoli Centrale’ come tutte le stazioni principali servite dalle Ferrovie dello Stato.
La scelta del nome in questo caso ha tenuto conto superficialmente dalla seconda fonte, quella geografica-micro. Ma non sono state prese in considerazione le altre due, la macro e la sociale-turistica.
Ed ormai da anni, fioccano le petizioni e le interrogazioni nel consiglio comunale che chiedono di re-intitolare piazza, e di conseguenza, stazione.
Se nella scelta del nome si fossero considerati almeno due dei tre criteri, il nome più adatto sarebbe stato il vecchio generico ma indicativo ‘Napoli Centrale’: è geograficamente il centro di Napoli, è la stazione più importante della città, non ‘scontenta’ nessuno (né risorgimentali né borbonici, i quali da parte loro chiedono nomi evocativi ma ormai in disuso), è di supporto ai turisti all’ingresso della città.
Discorso simile potrebbe essere fatto per la stazione ‘Toledo’. La stazione, ritenuta unanimemente tra le più belle al mondo, è stata inaugurata nel 2012.
Nel cuore del centro storico, a pochi passi da Piazza del Plebiscito, la stazione è prossima ai Quartieri Spagnoli (ha anche una vera e propria uscita lì, in Piazza Montecalvario).
Perché non accostare a ‘Toledo’ anche ‘- Quartieri Spagnoli’ ? Sarebbe indicativo sia sotto il profilo dell’attrazione turistica per un’area che negli ultimi anni sta conoscendo un notevole sviluppo, intercetterebbe un flusso di interessati più ampio, sia sotto gli altri due aspetti inizialmente enunciati:
connoterebbe un’area geografica più vasta della sola via Toledo, darebbe visibilità ed appartenenza agli abitanti di quel quartiere.
In conclusione, l’intitolazione di una stazione non è un fatto puramente formale, ma anche sostanziale. Essa dovrebbe rappresentare i legami che quel nome ha con la cittadinanza ma allo stesso tempo favorire la visibilità che quella denominazione le darebbe all’esterno.