La Milano che conosciamo oggi è una città diffusa, ricca di servizi e altamente interconnessa, all’interno e verso l’esterno. Un contesto urbano eccentrico che nel suo perimetro contiene una popolazione vicina ai 3,3 milioni di persone, oltre ad accogliere flussi quotidiani di pendolari da ogni area limitrofa e non solo. Milano è divenuta negli anni la capitale commerciale dell’Italia, accentrando al suo interno le sedi delle più importanti aziende ed eventi nazionali ed internazionali. Ne è conseguito anche una saturazione del mercato immobiliare e la ricerca sempre crescente di affitti brevi a Milano da parte di professionisti e studenti del territorio nazionale. L’hinterland è in una fase di conurbazione progressiva, crescente negli ultimi 20 anni secondo i dati statistici (Comune di Milano – anno 2001: 1.253.503 abitanti | anno 2020: 1.374.582) e soltanto il 2020 ha fatto segnare un’inversione di tendenza.
L’efficienza di un sistema così grande e complesso non può che fondarsi anche su un sistema di trasporto efficiente e capillare, che ancora oggi continua ad espandersi nel tentativo di non lasciare alcun territorio sguarnito. La linea Metropolitana M4, in fase di costruzione, sarà una delle prossime a essere definita, congiungendo l’aeroporto di Linate all’area sud-ovest della città (San Cristoforo).
Tuttavia i trasporti milanesi hanno assistito ad una evoluzione che parte dall’Unità d’Italia ad oggi. Vi proponiamo di seguito i momenti fondamentali che hanno determinato lo status attuale, in un percorso storico affascinante e ricco di cambiamenti basato sulla ricostruzione di Mauro Colombo.
Gli albori del trasporto pubblico
Sino al 1861 Milano non aveva alcun servizio di trasporto pubblico. I principali collegamenti insistevano paradossalmente verso i comuni limitrofi, attraverso una rete di strade extraurbane che vantava oltre 21 chilometri di collegamenti. Già prima dell’Unità d’Italia venne inaugurata un collegamento veloce tra Milano e Monza, ulteriormente armato di rotaie nel 1840, nel quale transitavano delle locomotive a vapore, “la Lombardia” e la “Milano”. Questo itinerario ben presto arrivò a trasportare ben duemila passeggeri al giorno.
Tale successo portò un gruppo di cittadini a richiedere un apposito sistema di trasporto cittadino che collegasse internamente le varie zone della città. Le autorià comunali dell’epoca approvarono la richiesta anche per far fronte alla costante espansione del tessuto urbano.
Ciò che alimentò il dibattito locale fu la scelta del mezzo: tramway su rotaia oppure Omnibus, ovvero a sede stradale libera?
La scelta dell’Omnibus
Dopo numerose proposte,si optò per il sistema non vincolato, per far fronte alla conformazione tortuosa delle strade cittadine.
Così proprio nell’anno dell’Unità d’Italia, venne costituita la S.A.O., Società Anonima degli Omnibus. Una delle prime zone ad essere attraversata dal nuovo sistema di trasporto pubblico fu proprio la piazza del Duomo di Milano. Gli omnibus erano di colore verde, quattro ruote, trainate da una coppia di cavalli. All’interno una lampada ad olio illuminava gli otto posti a sedere.
Il crescente traffico privato tuttavia cominciò negli anni a intralciare il camminamento di questi mezzi, tanto che si cominciò a riflettere sulla possibilità di trasferire il trasporto urbano su rotaie.
Prime idee di metropolitana sotterranea
Negli anni a seguire, il vero problema fu la coesistenza sulle medesime arterie stradali di Omnibus e mezzi privati. La città andava sempre più congestionandosi e per questo vennero avanzate le prime proposte alternative, tra cui una circonvallazione che servisse esternamente il conglomerato urbano, soprattutto nel rifornimento delle materie prime e dei prodotti di commercio.
Per motivi burocratici non si realizzò nulla di tutto questo, sebbene il tenente colonnello Gandini, memore dei suoi studi di progettazione per la metropolitana di Londra, avanzò il proprio progetto che mirava a convogliare il traffico cittadino sotto il piano di terra.
Si iniziava a familiarizzare con l’idea del sotterraneo, anche se i tempi non erano ancora maturi.
L’avvento della macchina a vapore
Nel 1864 iniziò a funzionare la Stazione centrale (attuale Piazza della Repubblica), e tutte le linee degli omnibus vennero modificate in funzione di tale polo ferroviario. Nel 1876 venne inaugurata la prima ippovia tra Milano e Monza, con un tempo di percorrenza medio di circa 3 ore e mezzo. L’anno successivo venne inaugurata una seconda linea extraurbana che collegava Milano a Saronno.
Ma l’avvento del progresso consolidò in pochissimo tempo quello che fu una prima grande rivoluzione: non più i cavalli a trainare il mezzo di trasporto, ma una locomotiva a vapore. Il successo fu immediato, i cittadini accolsero con entusiasmo la novità tanto che in poco tempo nacquero le trenovie Milano-Gorgonzola-Vaprio d’Adda, Milano-Gorgonzola-Vaprio, la Milano-Magenta-Castano, la Milano-Cascina Gobba-Vimercate, la Milano-Pavia, la Milano-Lodi. Oltre 900 carrozze erano regolarmente in servizio.
Le Tramway sostituiscono Omnibus
Fuori da Milano dominavano i collegamenti a vapore. Ma all’interno il vapore era proibito e la posa dei binari non era stata autorizzata. L’Omnibus era l’unico mezzo di trasporto disponibile.
La spinta decisiva al cambiamento arrivò nel 1880 dall’assessore Cusani che mosse tutte le proprie energie affinchè la città si dotasse di una rete di tramvie a cavalli su rotaie ferrate. D’altronde non si erano registrati chissà quali pericolosi incidenti lungo le linee ferrate.
La S.A.O. partecipò alla gara emanata dal Comune di Milano per la concessione di linee pubbliche su rotaia in sostituzione dell’Omnibus. La potenza economica raggiunta dalla S.A.O. era inarrivabile per qualsiasi altra azienda locale.
L’aggiudicazione fu inevitabile e i lavori partirono ben presto, anche in vista dell’Esposizione Nazionale, che avrebbe donato visibilità alle nuove tecnologie. Nel giro di un paio di anni le rotaie coprirono l’intero comune cittadino.
A partire da questo periodo la piazza del Duomo iniziò a caratterizzarsi per il famoso “carosello” dei tram S.A.O.: ben cinque linee tranviarie vi facevano capolinea, cosicchè sostavano mediamente una decina di vetture coi relativi cavalli. Nello stesso periodo venne completata anche la linea della circonvallazione, mentre undici erano le linee radiali verso il centro (Mauro Colombo).
I tram a trazione elettrica
Nel predominio assoluto del mercato, la S.A.O. si trovò ben presto a fare i conti con una innovazione che avrebbe destabilizzato tutti gli equilibri del mercato: l’elettricità.
Un professore del Politecnico, Giuseppe Colombo, cominciò di fatti a sperimentare con risultati sempre più confortanti la nuova scoperta, arrivando nel 1883 a inaugurare la prima centrale elettrica d’Europa, la seconda al mondo dopo quella di New York. Colombo costituì quindi la società Edison che a stretto giro ottenne dal Comune la concessione per illuminare Piazza del Duomo, la Galleria e la piazza della Scala.
Nel 1892 la svolta per il trasporto pubblico: Edison ottenne la convenzione annuale per l’esercizio dei tram a trazione elettrica, sulla linea Duomo – Corso Sempione. Nell’anno successivo Milano aveva ben 18 linee elettrificate.
La società S.A.O. tentò progressivamente di adeguarsi tecnologicamente al competitor sopraggiunto, ma l’efficienza raggiunta dalla Edison era oramai inarrestabile, tanto che all’espansione urbana verso la campagna seguì un proliferare di linee elettriche che marciavano in ogni direzione. Le vetture diventarono sempre più confortevoli e si dotarono del famigerato campanello elettrico che consentiva ai passeggeri di richiedere la fermata al conducente.
Nel 1900 sparì l’ultima l’ultima ippovia e nell’anno successivo l’ultimo tram a cavalli. Questi anni segnarono la fine del tram su rotaie trainate da animali.
Il trasporto urbano viene municipalizzato
Nei primi anni del 1900 il Governo incaricò gli enti locali, attraverso opportuni sovvenzionamenti, di riscattare e quindi gestire tutti i servizi pubblici locali. La città di Milano aveva precorso questa disposizione, rinunciando a rinnovare la concessione dell’illuminazione pubblica a Edison, in favore della nascente Azienda Elettrica Municipale.
Tuttavia soltanto nel 1917 il Comune sollevò Edison anche dalla gestione degli impianti di alimentazione del materiale rotabile del trasporto pubblico, che contava circa 300 vetture. Tutti gli impiegati della Edison passarono al Comune.
Alla Edison di Giuseppe Colombo rimase la gestione dell’esercizio delle tratte extraurbane.
L’innovazione dagli USA: i tram a carrelli separati
Gli anni 20 segnarono l’avvento di questa innovazione ingegneristica, made in USA, che prevedeva il montaggio di carrelli separati nelle vetture tranviarie, in grado di ruotare separatamente rispetto alla vettura stessa.
Inaugurarono dunque le vetture mod. 1928 “Peter Witt”, dal nome del presidente della compagnia di Cleveland. Tutt’oggi molte di esse sono ancora in servizio.
In Italia la Carminati & Toselli costruì 500 esemplari di color nocciola, poi ridipinti in verde intorno agli anni 40, dotati perfino di salottino per fumatori.
Dopo la soppressione, avvenuta nel 1926, dell’ormai caratteristico “carosello” di piazza Duomo per motivi viabilistici, nella seconda metà degli anni ’20, dagli USA, arrivò una vera innovazione: il tram con ruote montate su carrelli separati, cioè carrelli in grado di ruotare separatamente rispetto al corpo della vettura.
Così anche a Milano, tra il 1927 e il 1930, entrarono in servizio le vetture mod. “1928”, denominate “Peter Witt” (moltissime tutt’oggi in servizio), che presero il nome proprio dall’ingegnoso presidente della compagnia di trasporti di Cleveland.
Questi tram, costruiti in Italia dalla Carminati & Toselli in 500 esemplari, erano di color nocciola e crema (poi ridipinti negli anni quaranta di verde), ed erano dotati di porte a soffietto anziché dei soliti cancelletti in ferro. Inizialmente erano allestiti con un salottino per fumatori, presto soppresso.
Tutto il periodo tra le due guerre fu in ogni caso caratterizzato, oltre all’incremento delle linee tranviarie, anche dallo sviluppo di autobus (alimentati a legna, date le ristrettezze imposte dall’autarchia) e dalle più efficienti filovie, che tra il 1933 e il 1940 riscossero grande interesse, poiché funzionavano a corrente come i tram, ma non richiedevano la costosa messo in posa delle rotaie (Mauro Colombo).
I danni della guerra e l’inaugurazione della metropolitana
Il secondo conflitto mondiale contribuì a distruggere buona parte della flotta di mezzi milanesi, oltre alle vetture che i tedeschi saccheggiarono per portarle in patria tedesca. Soltanto negli anni 50 si ristabilì una situazione di normalità, grazie alle riparazione effettuate dalla società Breda con ricambi di fortuna.
Mezzi tecnologicamente più avanzati presero il sopravvento nel decennio successivo, come gli autobus con motore a scoppio, giudicati più agili, economici e veloci. Tuttavia le linee tranviarie urbane e extraurbane si moltiplicarono, sino all’entrata in servizio di 40 filovie filovie snodate a 4 assi Fiat 2472 CGE Viberti alla fine deli anni 50.
Il 1957 è la data che segnò l’ultima rivoluzione nei trasporti locali: l’avvio dei lavori della Linea Uno della metropolitana, che inaugurò sette anni dopo. Nel 1971 aprirono i cantieri per la Linea Due, nel 1982 quelli per la Linea Tre.
Muoversi a Milano oggi
Oggi la città si appresta a inaugurare la quinta linea di metropolitana, la M4, perseguendo una tradizione virtuosa di sviluppo e alta accessibilità del mezzo pubblico nel territorio.
Vivere a Milano oggi garantisce un alto standard di qualità della vita rapportato alle esigenze di spostamento: il sistema integrato di trasporti urbani ed extraurbani garantisce di fatti massima permeabilità e accessibilità per ogni cittadino e turista.
Quale sarà la prossima frontiera di una città in continuo cambiamento?