Ottimizzare le rotte marittime sulla scia della “transizione ecologica” voluta dall’Italia

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Quando si parla di emissioni e inquinamento, la nostra mente si rivogle quasi sempre al trasporto stradale e ai mezzi pesanti. Un comportamento riflesso dettato dalle nostre abitudini di abitanti delle città. In realtà la vicenda abbraccia vari settori, tali per cui su questo segmento si susseguono ogni anno svariati provvedimenti e iniziative a livello mondiale, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’ambiente e sulla mitigazione dei fenomeni di maggiore inquinamento.

Le recenti evoluzioni politiche non fanno che confermare questa direzione a livello generale. In Italia è stato di recente istituito il Ministero della Transizione Ecologica che, a differenza del pensiero comune, non è frutto di una semplice ristrutturazione politica ma di una scelta più profonda, di indirizzo. Le problematiche legate all’ambiente non possono più essere considerate slegate tra di loro.

Nel campo della mobilità e dei trasporti si sono attivati già da tempo categorie apparentemente meno responsabili, al fine di  concorrere ad un risultato virtuoso e contribuire ad un miglioramento della salute, nostra e del pianeta. Tra queste c’è quella dei trasporti marittimi, che si è prefissata l’efficientamento energetico e la riduzione delle emissione dell’intero settore come obiettivo primario del prossimo decennio.

Tra le azioni che dovranno essere adottate a breve termine per perseguire questo traguardo si sta prendendo in considerazione, tra le altre, l’ottimizzazione delle rotte nel trasporto marittimo a raggio corto. Grazie a modelli di calcolo come “VISIR (discoVerIng Safe and effIcient Routes), si è proceduto a calcolare la rotta più efficiente per l’emissione della minor quantità di CO2 per i traghetti, considerando il moto ondoso e le correnti marine. Attraverso questo strumento è stato possibile simulare la performance dei traghetti che muovevano da un punto A a un punto B in diverse condizione del mare.

A fronte di questo studio è stato calcolato dunque che l’impatto di questo preciso segmento del trasporto marittimo è responsabile del 10% delle emissioni di tutte le navi, sebbene rappresenti soltanto il 2,95% delle imbarcazioni che approdano nei porti dell’Europa.

In Italia il modello VISIR è stato sperimentato sul mare Adriatico, ricco di rotte tra le sponde di Italia, Croazia, Montenegro e Albania. Tale studio ha confermato che l’applicazione potrà performare maggiormente sulle tratte a raggio corto, ottimizzandone i percorsi e le traiettorie secondo le variabili. Secondo quanto asserito da Gianandrea Mannarini, primo autore dello studio, si può arrivare a risparmire sino all’11% di carbonio e in tal senso, gli approfondimenti e i test continueranno senza sosta per raffinare le stime.

In questi ultimi anni la riflessione ecologista sta spingendo affinchè si faccia massa critica sul tema, affinchè si affermi un retropensiero più sostenibile sia nei consumatori (che potranno decidere di premiare vettori più virtuosi per le prenotazioni traghetti per la sicilia, Sardegna, Malta e isole minori) che nei grandi player del mare.

L’Italia è da sempre un paese molto fragile dal punto di vista ambientale e non è un caso che certe sperimentazioni trovino nello stivale una palestra sempre aperta. Chissà se questa “transizione ecologica” auspicata anche dalla classe politica possa timidamente compensare gli effetti sul territorio che ebbe il miracolo economico italiano.

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