Dario Balotta, presidente Onlit (Osservatorio nazionale liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) si scaglia contro Ryanair, colpevole di imporre le proprie condizioni per effettuare nuove rotte in piccoli aeroporti, ora chiede che siano annullate le proprie tasse d’atterraggio, e pretende di trattenere per sé le tasse d’imbarco pagate dai passeggeri.
“La fase 2 della crisi sanitaria provocata dal Covid-19 rischia di essere un disastro per i piccoli aeroporti italiani. Fin troppo numerosi per la domanda di traffico nazionale, questi scali sono già costretti a pagare centinaia di milioni di Euro di incentivi ai vettori aerei low-cost (spesso si tratta di un tot per ogni passeggero in partenza, che pagano anche gli scali maggiori) allo scopo di farli atterrare sulle proprie piste, per poi ripianare le perdite gestionali con il denaro pubblico degli enti locali proprietari.
Ora, dopo il fallimento di Air Italy ed il nuovo costoso salvataggio di Alitalia, una nuova tegola per il settore aereo arriva da Ryanair, già da troppo tempo abituata -soprattutto in Italia- ad imporre le proprie condizioni per effettuare nuove rotte e quindi tenere in vita scali che altrimenti andrebbero chiusi. Con una lettera velatamente minacciosa recapitata il 21 aprile a tutti i piccoli scali italiani (una dozzina in tutto, tra cui Trapani, Trieste, Comiso, Aosta, Perugia, Pescara), il vettore irlandese chiarisce che, a causa del distanziamento sanitario a cui sarà obbligato dopo la ripresa dei voli, e che comporterà un calo dei posti venduti di circa un terzo, vuole che siano annullate le proprie tasse d’atterraggio, e pretende di trattenere per sé le tasse d’imbarco pagate dai passeggeri. Tutti questi costi dovrebbero essere sostenuti dai gestori aeroportuali nel periodo maggio/ottobre 2020
Per il periodo novembre 2020/marzo 2021, poi, la low-cost chiede di non pagare la tassa d’atterraggio e di trattenere metà di quella d’imbarco, mentre da aprile ad ottobre 2021, si legge ancora nella lettera, la compagnia si ‘limiterà’ a trattenere il 50% della tassa d’imbarco, ma eventuali nuove rotte immesse sullo scalo dovranno essere esenti da qualsiasi pagamento di tasse, che quindi saranno a carico dell’aeroporto.
Il direttore per lo sviluppo delle rotte di Ryanair, Niall O’ Connor, chiude la missiva dipingendo il vettore irlandese come ‘salvatore della patria’ in questo periodo nero del settore per indurre i gestori aeroportuali ad accettare delle vere e proprie condizioni capestro. O’ Connor però cita delle previsioni nefaste (secondo cui ci vorranno 3 anni per tornare ai livelli del 2019) che sono contraddette da Eurocontrol, secondo cui già a febbraio 2021 il traffico aereo si riavvicinerà ai valori di traffico del 2019. Con questa mossa la compagnia continua la sua trasformazione evidente ormai da anni: da player innovativo dell’aviazione mondiale, che ha consentito di far volare anche le classi meno abbienti, a becchino del trasporto aereo. Elusione ed evasione fiscale in molti Stati europei, stipendi da fame con orari di lavoro da primi del Novecento, ricatti al sistema aeroportuale minore largamente frammentato (effettuo il volo se mi paghi un contributo per ogni passeggero imbarcato) sono ormai i tratti distintivi di Ryanair, ma la lettera di tre giorni fa è decisamente troppo. È urgente e necessario un intervento del ministero delle Infrastrutture per riportare il settore aeroportuale al rispetto delle regole: le tasse pagate dai passeggeri vanno in parte girate allo Stato senza intermediazione, mentre i diritti di approdo devono rimanere ai gestori degli scali”. ha concluso Dario Balotta,