C’è un filo che lega insieme la possibilità di trovare ogni mattina scaffali pieni nei supermercati, la preziosa distribuzione di medicinali e materiale sanitario e le consegne a domicilio con cui soddisfiamo necessità a cui altrimenti dovremmo rinunciare.
A muovere le merci senza sosta, anche mentre il lockdown ha stravolto la nostra quotidianità, è la logistica: un settore industriale che in queste settimane è diventato ancora più intermodale, nel quale il treno si è guadagnato un posto rilevante perché ha consentito di risparmiare l’impegno di addetti e autisti.
Il sistema è stato alla base della necessità del Paese, ha assicurato l’approvvigionamento delle imprese, la produzione e distribuzione dei prodotti. Un servizio essenziale che in quanto tale non ha mai interrotto le proprie attività, continuando a servire le filiere rimaste aperte fino ad arrivare nelle nostre case. “L’industria delle industrie”, la chiama Massimo Marciani, presidente del Freight Leaders Council (FLC), associazione che riunisce i maggiori player della logistica nazionale. «In un momento in cui molte cose che davamo per scontate non lo sono più – riflette Marciani – trasporti e logistica sembrano trasmetterci un po’ di normalità continuando a fare il loro lavoro. Ma la crisi legata all’emergenza sanitaria da Covid-19 non sarà una passeggiata neppure per le imprese del settore, che dovranno reagire con forza ed esplorare modalità operative coraggiose per sopravvivere allo shock».
Quali sono i primi impatti dell’emergenza che si registrano sulla distribuzione delle merci?
Ci sono diversi livelli di difficoltà. Un primo impatto operativo, più vicino a noi, ha riguardato l’organizzazione dei trasporti sul territorio italiano alla luce delle nuove norme di sicurezza. Le imprese hanno munito il personale operativo di dispositivi individuali di protezione e adottato un protocollo per garantire la sicurezza delle consegne attraverso comportamenti corretti dei propri corrieri. Molte tipologie di merci, come l’agroalimentare, che solitamente viaggiano su strada, sono salite in treno. Il trasporto intermodale ferroviario ha facilitato l’export di prodotti italiani limitando il ricorso agli autisti e le problematiche legate al contagio. Poi ci sono gli impatti sulle catene logistiche globali, che ci sembrano lontane, ma che sono alla base di molti beni che consumiamo quotidianamente. Con la crisi in corso, alcune caratteristiche del sistema si sono rivelate debolezze, per esempio la delocalizzazione eccessiva o l’estremizzazione dei modelli just-in-time.
Quindi, l’attivazione di reti di trasporto intermodali può essere una delle strategie per mettere il sistema in sicurezza?
Ci sono molti accorgimenti che dovranno essere adottati per mettere il sistema in sicurezza, ora che abbiamo vissuto uno shock così fuori dall’ordinario. Sicuramente l’intermodalità è uno di questi, come dimostrano anche le difficoltà registrate dal trasporto su gomma. I controlli sanitari alle frontiere hanno causato code di tir chilometriche, in un segmento essenziale per gli scambi in Europa visto che oltre l’80% delle merci viaggia su strada. Anche il trasporto marittimo ha subito molte cancellazioni di viaggi programmati, mentre hanno registrato un grande incremento i noleggi di aerei cargo. Se osserviamo la Cina come front runner della crisi emerge che, mentre le attività portuali e il trasporto su strada si sono pressoché interrotte nel periodo del Covid-19, il trasporto ferroviario ha continuato a svolgere regolarmente il proprio servizio. E questa è indubbiamente una buona pratica da adottare anche in altre condizioni e in altre latitudini.
Come si deve preparare la logistica per affrontare la sua fase due?
Il primo errore da non fare è sprecare questa occasione. È una crisi dolorosa, una delle più gravi che si sia mai abbattuta sul nostro Paese e in tutto il mondo, con ripercussioni che ci porteremo dietro a lungo: non lasciamo che passi invano. Le aziende devono rinnovarsi facendo leva su quelle che oggi si sono rivelate debolezze: avvicinare produzioni e scorte ai mercati di consumo, ridurre il numero di fornitori anziché subappaltare selvaggiamente rincorrendo il prezzo più basso, sfruttare al massimo gli sviluppi della tecnologia e dell’intelligenza artificiale in un’ottica di trasparenza sull’intera filiera, perseguire modelli di economia circolare. In questo momento di crisi si sono levate molte voci per chiedere di abbandonare ogni velleità ambientale, ma ritengo invece che per le aziende sarebbe un grande errore tornare indietro nel processo di sostenibilità che si avviato verso un nuovo Green Deal planetario. Su tutto questo il FLC sta ragionando insieme a più di 70 stakeholder del settore, tra rappresentanti delle imprese, istituzioni e accademici. Esperti che si sono riuniti intorno a un tavolo virtuale costituendo il primo Think Tank della Logistica (TTL) per ragionare sulla sfida attualmente più grande di tutte: come ripartire dopo l’emergenza Covid-19. È un’iniziativa che il FLC coordina con il supporto di Ebilog, l’Ente bilaterale del settore, e che porterà alla stesura di linee guida da condividere non solo con gli operatori, con le istituzioni e la politica, ma anche con la gente comune.
Spesso chi fruisce dei servizi logistici dà per scontato che la macchina funzioni e non si interroga su cosa ci sia dietro. Come si fa a favorire una conoscenza del settore anche per i non addetti ai lavori?
Spiegando, raccontando e informando. È fondamentale creare una cultura logistica che avvicini le persone ai meccanismi che regolano le supply chain, così che possano comprenderli e di conseguenza fare scelte consapevoli. È quello che da sempre si propone di fare il FLC e che, da oggi, continueremo a fare anche con il TTL. Il messaggio da trasmettere è che le imprese devono puntare sulla trasparenza di tutta la filiera rimettendo le persone al centro dei processi: muoversi in questa direzione può essere uno strumento per riacquistare slancio, efficienza e dignità. In questi giorni delicati tutti si rendono conto di quanto la logistica, con i suoi lavoratori e le sue lavoratrici, sia indispensabile. Ecco, la crisi che stiamo vivendo può essere un’occasione anche per questo, per spingere le persone a chiedersi cosa ci sia dietro agli scaffali pieni di merci dei negozi e agli ordini online, che dopo un click portano sull’uscio delle nostre case beni di tutti i tipi.
Ancora in prima linea il Polo Mercitalia, subholding del Gruppo FS Italiane, nei giorni del lockdown europeo con circa 2,5 milioni di tonnellate di merci trasportate dal 24 marzo a Pasqua.
Attraverso la sua società Mercitalia Logistics (MIL) ha consegnato 45.000 tonnellate di prodotti direttamente ai negozi della grande distribuzione organizzata, in Italia e in Francia. Consentendo a milioni di cittadini di continuare ad acquistare latte, passate di pomodoro, succhi di frutta, bevande e beni di prima necessità. MIL ha anche iniziato a trasportare disinfettanti e medicinali alle “case circondariali” e ha garantito 700 quintali tra razioni, vestiario, medicinali e disinfettanti a Esercito e Marina Militare, oltre al carburante per le Forze Armate.
Mercitalia Rail (MIR) ha collegato tutta Italia a 19 Paesi europei, con circa 2.840 treni che hanno trasportato 1,3 milioni di tonnellate di merce. Di queste, 136 mila per il settore alimentare e della distribuzione organizzata, tra acqua minerale, cereali, medicinali, carta e alluminio.
L’attività del Polo va anche oltre il Belpaese: TX Logistik Group (TXL) ha mantenuto attivi i collegamenti negli 11 Paesi europei dove opera, con 600 treni e 360.000 tonnellate di merce trasportate, il 60% delle quali dall’Italia al resto del Continente. In particolare hanno viaggiato su ferro circa 8.000 container dai porti del Nord Europa agli inland terminals tedeschi, togliendo 4.000 camion dalle strade. Dal 6 aprile ha raddoppiato i treni per il Gruppo svedese Coop, con una diminuzione di 520 camion ogni settimana e 9.600 tonnellate di CO2 all’anno.
Mercitalia Intermodal (MII) ha trasportato 25.000 unità tra semirimorchi, casse mobili e container, un terzo circa delle quali per prodotti alimentari e per l’igiene e un 10% di prodotti chimici e industriali necessari per articoli sanitari e disinfettanti. Oltre 14.000 tonnellate di zucchero hanno raggiunto da Francia e Germania i principali produttori europei di bibite e dolci.