Il “non-salvataggio” di Boeing

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“The Non-Bailout”. Così Bloomberg definisce il salvataggio di Boeing. In una nota del 30 aprile, Boeing riferisce sul proprio sito l’esito positivo della ricerca di capitali nel mercato privato per sopperire alla crisi sanitaria che ha colpito duramente l’industria aerospaziale.

Qualche mese fa, Boeing chiedeva l’intervento del Governo per un importo pari a $ 60 mld, attraverso il piano di emergenza messo in campo dal Tesoro USA nell’ampio intervento a sostegno dell’economia americana (2 trilioni di dollari). L’esito del dialogo con Washington non fu quello sperato perché il governo USA impose delle condizioni svantaggiose (a detta di Boeing) per le aziende beneficiarie del sostegno economico. Infatti, nell’eventualità in cui un’azienda accettasse l’aiuto dello Stato (come sta accadendo per United Airlines, American Airlines ecc.) quest’ultimo diventerebbe azionista della stessa società – o tuttavia – ne eserciterebbe una influenza importante su di essa, imponendo importanti restrizioni alla sua attività economica e restrizione ai licenziamenti. Il CEO di Boeing, Dave Calhoun, rifiutò le condizioni sostenendo che Boeing avrebbe assicurato il pagamento dei propri debiti come ha sempre fatto nel corso degli anni e quindi non si sarebbero ritenute necessarie ulteriori garanzie agli aiuti da parte dello Stato. Calhoun, inoltre, dichiarò comunque la possibilità per Boeing di reperire capitali anche altrove e non necessariamente attraverso un intervento pubblico, cercando – in questo modo – di convincere il Tesoro a modificare (ammorbidire) le condizioni dell’eventuale sostegno.

Effettivamente Calhoun non aveva tutti i torti, convinto che l’intervento della FED (Federal Reserve – Banca Centrale degli Stati Uniti) avrebbe permesso a Boeing di ottenere ugualmente dei capitali dal mercato. Boeing inizialmente sperava di riuscire a raccogliere tra i $ 10 e i $ 15 miliardi di dollari vendendo obbligazioni con scadenze fino a quaranta anni. Inaspettatamente la domanda di titoli obbligazionari ha raggiunto quota $ 70 miliardi di dollari in poche settimane, portando Boeing a definire l’operazione totale a $ 25 miliardi suddivisi in sette tranches con un periodo minimo di tre anni ad uno massimo di quaranta. Nella nota della azienda – a tal proposito – si legge che Boeing ritira ufficialmente la propria richiesta di aiuto rivolta al governo degli Stati Uniti, ritenendosi soddisfatta del capitale raccolto dagli investitori privati. Una domanda così elevata di obbligazioni rende orgoglioso il board di Boeing, poiché questo è segnale di una ricrescita della fiducia (a lungo termine) nei confronti del principale produttore di aeromobili sul territorio americano, nonostante i continui problemi (di fiducia) relativi ai due disastri aerei causati dai 737 MAX (ancora a terra in tutto il mondo). Nonostante un rating BBB- (valutato da S&P) cioè una valutazione piuttosto bassa che ci permette di capire – fra gli altri indicatori – il grado di rischio di un titolo obbligazionario, l’azienda è comunque riuscita a ottenere capitali più che mai fondamentali per evitare il collasso finanziario nel peggior periodo della storia per l’aviazione civile e di conseguenza per i produttori di aerei.

Ed è proprio per questo motivo che i giornali americani definiscono questo come un “non-salvataggio”. L’amministrazione Trump, più volte durante le ultime settimane, chiedeva un intervento cospicuo – senza precedenti – da parte della Federal Reserve per rafforzare il mercato del credito ma questo non ha fatto altro che aiutare diverse società a reperire capitali altrove senza chiederli necessariamente allo Stato.

Nel grafico interattivo, riportato in questo link, è possibile vedere un riassunto di quanto scritto sopra con l’aggiunta di un esempio dei titoli obbligazionari emessi da Boeing nel corso degli ultimi anni. Il più recente quello emesso il 31 luglio 2019 con scadenza il 1° agosto 2059 ad un tasso di interesse del 3,95% (come indicato nel nome del titolo stesso). Inoltre, vi è un grafico in cui siamo in grado di vedere a quanto ammontano le passività a lungo e a breve termine — oltre al patrimonio netto — nello scorso triennio. Il 2019 è l’anno in cui le passività a lungo termine aumentano vistosamente (causato da una emissione obbligazionaria consistente) andando, di conseguenza, a ridurre l’entità del patrimonio netto (addirittura negativo -$ 8617 mln).

 

 

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