Qual è il destino dei “giganti del cielo”?

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La fine dell’era degli aerei a doppio ponte sembra più vicina di quanto ci aspettassimo a causa dei recenti sviluppi della pandemia che ha colpito tutti i Paesi del mondo. Ad oggi, i c.d. superjumbo commerciali maggiormente utilizzati sono prodotti da Boeing ed Airbus. I primi commercializzano i 747 dal 1970 (nella versione di linea e cargo) ed i secondi gli A380 dal 2005 (anche questi nella duplice versione). Nella più comune configurazione a 3 classi, i superjumbo quadrimotore possono trasportare oltre 500 passeggeri con un’autonomia di circa 15000 km. Insomma, dei veri giganti del cielo, considerando anche il loro prezzo unitario che si aggira intorno ai 450 mln $, praticamente non per tutti.

Ed è proprio sul prezzo che le compagnie aeree (una su tutte Emirates) si pongono i propri interrogativi, tenendo ben presente che, negli ultimi anni (ancor più nelle ultime settimane), il valore di questi aeromobili diminuisce in modo esponenziale. Approfondendo il discorso sui modelli Airbus A380, in una recente analisi effettuata da Valerie Bershova (analista presso Ascend), ha stimato che l’attuale valore di mercato di quest’ultimi, è compreso fra 77 mln $ (per un modello “half-life” costruito nel 2005) e 276 mln $ (per un modello “full-life” costruito nel 2019). Nonostante questa sia una stima formulata prima della diffusione del virus, è chiaramente visibile il valore di mercato nettamente inferiore rispetto a quello dichiarato dai produttori di Airbus, permettendoci di trarre delle conclusioni piuttosto logiche sulla sua attuale valutazione.

A cosa potremmo imputare una perdita di valore così rapida?

In primo luogo potrebbe essere imputata al numero esiguo di aeroporti dotati di una pista sufficientemente larga e lunga per favorire decolli e atterraggi, ai pochi terminal in grado di ospitarli ma soprattutto agli elevatissimi costi di gestione. Ad esempio, per un’ora di utilizzo di un Airbus A380, la compagnia utilizzatrice sostiene costi dai 26-29.000 $ (di cui oltre il 70% attribuibili al personale di circa 20 componenti ed al carburante) a fronte di circa $ 7.400 all’ora, degli A330 e dei B777, i quali garantiscono la medesima autonomia.

Attualmente, per via delle decisioni prese dalle compagnie aeree di tutto il mondo, di mettere a terra le proprie flotte di aerei superjumbo, si potrebbe decretare la fine alla produzione di questi aeromobili, in anticipo di oltre un anno. Infatti, la stessa Emirates, compagnia di bandiera degli EAU con sede principale presso l’aeroporto internazionale di Dubai (DXB) e maggiore utilizzatrice degli A380 (115 a fronte dei 240 presenti in tutto il mondo), in una nota di qualche settimana fa, ha comunicato di essere in contatto con Airbus, chiedendo di ritardare la consegna, inizialmente prevista per il 2021, degli ultimi 8 esemplari ordinati. Effettivamente nei piani di Airbus c’era già la volontà di concludere ufficialmente la produzione degli A380 proprio dal 2021, quando avrebbe ultimato la consegna dei jet ad Emirates, rimpiazzando tale produzione con i più recenti e richiestissimi A350-900 1000XWB, aeromobili bimotore ad un piano a doppia corsia, con un’autonomia di circa 16000 km. Ma, ad oggi, sembrerebbe che Airbus sia propensa a concluderla da quest’anno evitando di mantenere una produzione scarsa in termini quantitativi e altamente costosa ed impegnativa dal punto di vista delle risorse utilizzate.

Nella controparte Boeing, la situazione è pressoché identica, con la decisione presa dalla maggior parte delle compagnie appartenenti all’alleanza SkyTeam (fra cui AirFrance-KLM) di mettere a terra i 747 in anticipo di un anno rispetto ai programmi aziendali di rinnovamento della flotta.

Il futuro nell’industria aerospaziale pertanto si costituirà di aerei più efficienti e meno onerosi per le compagnie aeree e di conseguenza ciò garantirà ordini costanti per i produttori. Chissà se non si creerà un ritorno agli anni d’oro dell’aviazione civile dopo quest’annata nera per tutto il comparto aerospaziale.

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