MILANO | I principali ritrovamenti archeologici nei cantieri M4

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Il tratto centrale della linea M4, compreso fra le stazioni San Babila e Sant’Ambrogio, tocca alcuni luoghi di grande importanza per la memoria storica della città di Milano.

La linea corre infatti nella periferia della città romana, di quella Mediolanum che è stata capitale imperiale, imbattendosi nelle mura di cinta, nelle grandi strade extraurbane, nelle basiliche paleocristiane e nelle aree cimiteriali.

Proprio nei cantieri delle stazioni San Babila e Sant’Ambrogio sono emerse le testimonianze più toccanti, che rivelano le identità e le storie dei milanesi di duemila anni fa: tombe di uomini, donne e bambini, talvolta sepolti con un corredo che si è conservato intatto a poca profondità, sotto i marciapiedi e le strade che calchiamo quotidianamente!

Stazione S.Babila Corso-Europa

 

La linea M4 segue, inoltre, il “circuito dei Navigli” corrispondente alla cinta medievale e invita alla scoperta del complesso sistema di canali artificiali che caratterizza la città sin dall’epoca dei Romani, ampliandosi e trasformandosi nel corso dei secoli: i ritrovamenti più importanti in tal senso sono stati fatti in via Santa Sofia (stazione Santa Sofia e manufatto San Calimero), in piazza Vetra (stazione Vetra) e soprattutto in corrispondenza di piazza Resistenza Partigiana (stazione De Amicis), dove sono tornati alla luce i resti del ponte e della pusterla dei Fabbri, appartenenti al sistema difensivo approntato a partire dall’età medievale.

Il muro appartenente al ponte sull’antico Naviglio di San Girolamo è stato smontato

 

Il muro appartenente al ponte sull’antico Naviglio di San Girolamo è stato smontato e al termine dei lavori sarà ricollocato all’interno della stazione. Sorte analoga tocca alla colonna del Verziere, temporaneamente spostata dal cantiere per il manufatto Augusto insieme alla statua del Redentore che la coronava.

Lo smontaggio del monumento ha consentito una scoperta eccezionale: il basamento ingloba, infatti, una colonna più antica di cui non si conservava memoria se non in letteratura e che ci riporta ai tempi dell’arcivescovo Carlo Borromeo, quando durante la peste i fedeli seguivano a distanza le funzioni religiose officiate proprio sotto queste colonne che sorreggevano le “crocette”.

 

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